Mi domandavo quando avrei trovato il tempo di scrivere quegli articoli che avevo programmato mesi fa, di leggere tutti quei libri segnati in quella lista personale che di mese in mese cresce, di completare quei lavori meno urgenti ma comunque importanti. Devo con rammarico continuare a procrastinare queste attività perché, oggi più che mai, rilassarsi davanti ad un buon libro è un’attività ardua. La quarantena è quel qualcosa che più di tutte si allontana al concetto di relax e serenità; siamo convulsamente presi dai post e dalle fake news di Facebook, dai notiziari e da tutte le fonti informative che lo smartphone ci propone, sperando che ci diano aggiornamenti favorevoli.

Stando alle parole di Bill Gates, che sono certo oggi tutti ascoltano con più attenzione per via di quel video che ha fatto il giro del mondo dove prevedeva già dal 2015 la diffusione di un virus di portata mondiale, il blocco delle attività produttive nelle nazioni colpite dal covid-19 dovrebbe durare almeno dieci settimane e pare che anche questa previsione sia verosimile. Aveva inoltre esortato le nazioni ad investire prontamente miliardi di dollari per contrastare la diffusione del virus e che in caso contrario le conseguenze sarebbero state gravissime. Bill Gates non è ovviamente un oracolo; è un uomo che utilizza le sue risorse illimitate in termini di big data per creare scenari futuri che ai più possono sembrare fantascientifici ma che sono piuttosto molto realistici. È invece assolutamente irrealistico pensare che si torni ad una normalità così come l’abbiamo vissuta fino qualche settimana fa. Un’analisi di Gordon Lichfield, direttore di MIT Technology Review, ci propone uno scenario piuttosto surreale ma molto probabile: il covid-19 cambierà totalmente il nostro modo di vivere facendo diventare la distanza sociale un’abitudine quotidiana poiché la crisi del coronavirus durerà molto più di alcune settimane, forse anni. Si parla infatti Shut-in economy, un’economia centrata all’interno della propria abitazione.

Una cosa oggi è certa, una crisi mondiale come quella che stiamo vivendo segna la linea di demarcazione economica, culturale e sociale tra passato e futuro, mettendo in forte discussione i modelli economici utilizzati fino ad adesso. Il virus sta facendo emergere tutte le incongruenze tenute volontariamente nascoste fino ad oggi; è illuminante come nel giro di qualche settimana i servizi non essenziali siano stati spazzati via e come a resistere e a prendere vigore sia invece l’economia reale, necessaria ed essenziale, quella bistrattata, screditata e sempre meno considerata. La cosa più saggia da fare dunque è iniziare una riflessione sul nostro futuro immaginando anche noi nuovi scenari economici-sociali e quale posizione vogliamo assumere in funzione di essi.

Una seria riflessione sul futuro non può che partire da una fondamentale considerazione del nostro recente passato e da quello che significa per noi la tanto agognata “normalità”. I nostri comportamenti concludenti e le nostre decisioni economiche e sociali recenti possono essere definiti nella teoria dei giochi come win-lose decision. Quelle scelte che ci portano ad ottenere il massimo risultato personale a discapito del concorrente o dell’ambiente circostante, ignorando che la ovvia conseguenza di esse sarà il graduale impoverimento della collettività. Abbiamo sviluppato un egoismo atavico e spesso ingiustificato che ci porta a disinteressarci di ciò che ci circonda in ogni singolo gesto quotidiano. Un atteggiamento win-lose ci porta a sviluppare uno stile di vita “insostenibile” con conseguenze disastrose in termini di disparità sociale, ambientale ed economica. Nonostante questa sia una cultura consolidata, l’individuo percepisce che il percorso intrapreso possa portare verso il baratro e tenta di individuare colpevoli e responsabilità nazionali e sovranazionali.

Se un cambiamento deve esserci questo non può che essere culturale; bisognerebbe che ogni individuo passasse da una win-lose situation ad una win-win situation in ogni singolo comportamento quotidiano. È necessario pensare che le azioni di ciascun individuo hanno delle ripercussioni collettive che possono generare valore aggiunto o che possono distruggerlo. Avere la consapevolezza che le proprie scelte economiche non sono determinate dalla sola soddisfazione dei propri bisogni ma sono decisive anche per favorire o meno un mercato, e quindi una certa collettività piuttosto che un’altra, cambierebbe completamente la percezione della decisione stessa. Un individuo che abbia sviluppato questa coscienza avrà più elementi che determinano la decisione, avrà una maggiore consapevolezza nelle sue scelte economiche quotidiane come fare la spesa e decidere dove andare in vacanza; avrà anche una maggiore consapevolezza del proprio contributo nell’azienda in cui lavora ma anche cosa condividere nei social network e cosa no.