Negli ultimi mesi abbiamo assistito a due eventi particolarmente significativi che probabilmente cambieranno radicalmente l’economia così come la conosciamo.

La prima è la costituzione dell’associazione Business Roundtable, in cui 180 CEO delle più grandi multinazionali al mondo, tra cui JP Morgan, Apple, Google e Facebook, si impegnano a stravolgere l’obiettivo aziendale che per 600 anni ha regnato supremo: creare valore per gli azionisti.

Nel comunicato stampa queste aziende e i CEO dichiarano di impegnarsi a:

“– Offrire valore ai nostri clienti. Promuoveremo la tradizione delle aziende americane all’avanguardia nel soddisfare o superare le aspettative dei clienti;

– Investire nei nostri dipendenti. Questo inizia compensandoli equamente e fornendo importanti benefici. Include anche il supporto attraverso la formazione e l’educazione che aiutino a sviluppare nuove competenze per un mondo in rapido cambiamento;

– Promuoviamo la diversità e l’inclusione, la dignità e il rispetto;

– Trattare in modo equo ed etico con i nostri fornitori. Siamo impegnati a servire come buoni partner per le altre società, grandi e piccole, che ci aiutano a soddisfare i nostri obiettivi;

– Supportare le comunità in cui lavoriamo. Rispettiamo le persone nelle nostre comunità e proteggiamo l’ambiente adottando pratiche sostenibili in tutte le nostre attività.”

La seconda, più recente, riguarda le posizioni che le multinazionali hanno assunto durante la Climate Action Summit Onu; moltissime aziende che operano in diversi mercati stanno attuando piani concreti per raccogliere la sfida ambientale.

Queste iniziative sono solo un’altra trovata propagandistica generata da qualche nuova strategia di marketing oppure dietro c’è altro? È possibile che le multinazionali non porranno al primo posto il valore per l’azionista sostituendolo con una specie di sviluppo del welfare state?

Queste domande legittime non possono avere una risposta immediata, ma esistono elementi che ci portano a pensare che questo percorso tracciato è forse l’unico che può garantirci un progresso ed un benessere collettivo e sostenibile.

È insindacabile che il capitalismo moderno ha portato ad un “egoismo consumistico”, all’esaltazione del finto benessere personale a discapito dell’altro, o a discapito della collettività. Siamo diventati generatori di esternalità negative. In economia, le esternalità si definiscono come “gli effetti (detti anche effetti esterni o economia esterna) che l’attività di un’unità economica (individuo, impresa ecc.) esercita, al di fuori delle transazioni di mercato, sulla produzione o sul benessere di altre unità. Quando l’azione dell’agente economico determina dei benefici per altri, senza che il primo ne riceva un compenso, si parla di economie esterne per questi altri soggetti o per l’economia nel suo complesso; quando invece l’azione intrapresa dall’agente economico provoca dei costi per altri, costi che esso non sostiene, si parla di diseconomie esterne” (Treccani). La cultura aziendale del “valore per l’azionista” a tutti i costi, si è riversata nella vita quotidiana del singolo cittadino che vuole massimizzare il beneficio per sé stesso, noncurante della collettività.

Aldilà degli esempi scolastici è significativo portare una dimostrazione pratica a questa tesi: la gestione della immondizia del singolo consumatore.

Un individuo genera immondizia nella sua quotidianità e questo è un fatto normale; l’immondizia per lui diventa un problema che deve avere una risoluzione veloce e che possa massimizzare il “valore” per sé stesso. La raccolta differenziata è una soluzione che non massimizza il suo valore perché deve investire tempo e organizzazione per attuarla. La cosa più facile, ma soprattutto quella che massimizza il valore per sé stesso, è quella di trasferire il problema a qualcun altro. L’individuo, nel suo egoismo consumistico, sale in macchina e getta la busta nel primo angolo della strada che trova; ha risolto il problema e ha massimizzato il proprio beneficio. Questa estremizzazione del beneficio personale rende miopi alla generazione delle diseconomie che ha causato il gesto, aldilà del costo diretto delle collettività in termini di rimozione del pattume, le conseguenze devastanti si registrano a lungo termine.

Immaginiamo un turista che passando trova le micro-discariche sparse in una città che si sono create nel frattempo; questo azionerà un’attività di comunicazione altamente deleteria in un’epoca dove l’informazione è immediata: meno turisti significa meno ricavi per albergatori, per ristoratori ecc. Il beneficio del singolo a discapito di una collettività intera.

Se le multinazionali manterranno l’impegno preso, saranno promotori di una inversione di tendenza, promuoveranno quella cultura del benessere collettivo e diffuso. Bisognerebbe iniziare a pensare e ad incoraggiare azioni che generino invece esternalità positive, cioè quelle azioni economiche che, oltre a massimizzare il valore per me, generino beneficio e valore per gli altri: promozione e rispetto del proprio territorio, agricoltura e produzione sostenibile e a basso impatto ambientale, rispetto per l’ambiente, energie alternative, nuova cultura del lavoro dipendente, volontariato.